Rapporto Censis, perché l’Italia non cresce
L’Italia che galleggia ma non cresce.
Questa l’istantanea che emerge dal 58° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
Se a prima vista il 2024 potrebbe sembrare l’anno dei record, dagli occupati al turismo estero, un’analisi più approfondita mette in luce la reale situazione economica e sociale del Paese, caratterizzata dalla “sindrome italiana della medietà”, in cui restiamo intrappolati secondo i dati Censis.
Il Paese non è in recessione, ma nemmeno alla vigilia di un ciclo positivo secondo gli analisti.
Il Rapporto mette in luce come la corsa verso il benessere si sia fermata: i redditi sono inferiori del 7% rispetto a vent’anni fa e nell’ultimo decennio anche la ricchezza netta pro-capite è diminuita del 5,5%. Non stupisce così che l’85,5% degli italiani ritenga sia molto difficile salire nella scala sociale e i consumi interni siano al palo.
Il rapporto segnala anche il "divorzio" tra città e campagne, soprattutto sotto il profilo dei servizi che si spaccano tra pubblico e privato.
Se in media in Italia le famiglie hanno difficoltà a raggiungere una farmacia (13,8%, pari a 3,6 milioni) o per accedere a un Pronto soccorso (50,8%, circa 13 milioni), nel caso dei comuni fino a 2mila abitanti le difficoltà riguardano rispettivamente il 19,8 e il 68,6% dei nuclei familiari.
E, ancora sul welfare, secondo il Censis nel periodo 2013-2023 si è registrato un balzo in avanti del 23% in termini reali della spesa sanitaria privata pro-capite, pari nell'ultimo anno ad oltre 44 miliardi di euro.
In questo quadro si incrina la fede nelle democrazie liberali, nell’europeismo e nell’atlantismo: il tasso di astensione alle ultime elezioni europee (51,7%) ha segnato un record nella storia repubblicana: il 71,4% degli italiani ritiene l’Unione europea destinata a sfasciarsi, il 68,5% che le democrazie liberali non funzionino più e il 66,3% attribuisce all’Occidente (Usa in testa) la colpa dei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente.