Salari bassi e cervelli in fuga: il grande guaio per l’Italia
La disoccupazione è ai minimi storici, eppure il mercato del lavoro italiano è tutt'altro che un luogo felice. Il nostro Paese, nonostante le stabilizzazioni e l'aumento dei contratti a tempo indeterminato, sconta la decrescita dei salari reali e una fuga dei cervelli che non sembra volersi arrestare.
L'istantanea sui salari bassi ce la restituisce ancora una volta l'Ocse, i cui dati rielaborati dall'Inapp avevano sollevato già un anno fa l'allarme sui salari reali stagnanti: dal 1991 al 2023 (+1%) contro il +32,5% della media dei Paesi sviluppati. Nel suo Employment Outlook 2024, l'organizzazione dà conto per l'area economica di un'occupazione sui massimi storici, ma i dati aggiornati al primo trimestre 2024 confermano il primato negativo dell'Italia per i salari reali, cioè al netto dell'inflazione: con un -6,9% rispetto al quarto trimestre 2019. L'Italia si conferma il Paese peggiore nell'area euro (-2% la Germania, +0,1% la Francia), terzultimo fra i 38 paesi dell'Ocse superato in negativo solo da Cechia e Svezia. In positivo l’Ocse ci dice che in Italia a maggio 2024 il tasso di disoccupazione era al 6,8%, più alto della media Ocse, il tasso di occupazione ha raggiunto il 62,1%, mentre la media Ocse è 70,2% nel primo trimestre 2024.
Il fenomeno dei salari stagnanti si lega ad un altro fenomeno che impoverisce il Paese: la fuga all'estero di milioni di giovani che negli ultimi dieci anni hanno scelto di lavorare e vivere fuori dai confini nazionali. Nel 2022 il 44% delle partenze per espatrio, avvenute da gennaio a dicembre 2022, ha riguardato giovani italiani tra i 18 e i 34 anni. Secondo uno studio realizzato nel 2023 da Ipsos, un giovane su tre (il 35%) ha dichiarato che lascerebbe il Belpaese per avere migliori opportunità lavorative e stipendi più alti. Per un lavoro più gratificante addirittura l'85% dei giovani mette in conto la possibilità di trasferirsi lontano da casa. E in buona misura si tratta di lavoratori con competenze elevate: sui 6 milioni di italiani che vivono all’estero, un terzo rientra nella categoria dei lavoratori qualificati. Persone che si sono formate in Italia, ma generano Pil oltreconfine.