Settimana corta, l’esperimento dei metalmeccanici tedeschi e il caso Spagna
Lavorare di meno ma produrre di più. Sembra un paradosso ma l’idea di una settimana lavorativa di quattro giorni inizia a diffondersi in Europa e non solo nel terziario. Tra le sigle più importanti a lottare per questa nuova modalità di lavoro c'è Ig Metall, il sindacato dei metalmeccanici in Germania per la prima volta in 132 anni di storia guidato da una leader donna neoeletta, Christiane Benner.
La novità è che nella trattativa per la contrattazione collettiva dell’industria siderurgica della Germania nord-occidentale, che riguarda circa 68mila persone impegnate nella filiera dell’acciaio e dell'auto, è stata inserita la settimana corta. In concreto una settimana di quattro giorni lavorativi: 32 ore settimanali invece che 35 ma a parità di salario. Tra le richieste del sindacato, complice l'inflazione, c'è poi un aumento delle buste paga dell’8,5%.
La proposta, per ora bocciata dalle aziende del comparto, sta incontrando un enorme favore anche nell'opinione pubblica tedesca. Secondo un sondaggio della Fondazione Hans Böckler circa tre quarti dei lavoratori vorrebbe lavorare meno ma a parità di busta paga. Solo l’8% accetterebbe un salario ridotto. Mentre solamente il 17% di tedeschi è contrario alla settimana corta. La stragrande maggioranza dei favorevoli sostiene che grazie a un orario lavorativo ridotto potrebbe dedicare più tempo alla famiglia, ma anche ai propri hobby e al volontariato.
Il dibattito sulla settimana breve è arricchito poi dal caso spagnolo. Il governo in formazione punta sulla riduzione dell'orario. Il patto Sánchez-Díaz prevede di introdurre una legge per la settimana a 37,5 ore invece che 40. Con l'idea di aprire un negoziato tra le parti sociali su una possibile riduzione a 35 ore. Segnali che in Europa l'attenzione sul lavoro (di qualità) resta alta.