Settimana breve, le sperimentazioni in Italia: dai servizi alle fabbriche
Il dibattito sulla settimana corta mette al centro il nuovo tempo del lavoro. Ma quali sono in concreto le sperimentazioni che le diverse aziende stanno portando avanti nel nostro Paese? I casi sono diversi e in Italia riguardano settori anche molto lontani tra loro: dall'ambito bancario a quello dei servizi fino al mondo metalmeccanico.
Il modello di settimana corta più conosciuto è quello da 9 ore per 4 giorni. Ed è quello proposto, ad esempio, da Intesa Sanpaolo: 36 ore settimanali al posto di 37,5 e a parità di retribuzione. La società parla di un nuovo modello organizzativo del lavoro «che va incontro alle esigenze di conciliare gli equilibri di vita professionale e lavorativa». E dimostra attenzione al benessere dei lavoratori «attraverso soluzioni innovative delle modalità lavorative con l'obiettivo di rendere la banca ancora più agile e dinamica». Sulla proposta del gruppo, che conta 74mila dipendenti in Italia, va detto, il dibattito è ancora aperto posto che i sindacati (Fabi - First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin) non hanno firmato l'accordo. Si tratta però di una delle sperimentazioni più significative degli ultimi mesi.
Altro caso noto è Fastweb dove si lavora 4,5 giorni alla settimana e le ore mancanti sono compensate al 50% da permessi e al 50% dall’azienda. C'è poi il gruppo Magister della comunicazione che sta sperimentando il salto netto da 40 a 32 ore a parità di stipendio ma con l'obiettivo di un aumento importante della produttività. Seguendo la stessa logica la piattaforma Facile.it ha accorciato la settimana lavorativa: i dipendenti lavorano 36 ore ma pagate come 40.
E l'industria? Sulla settimana breve si è attivata la Cisl. Il sindacato dei metalmeccanici punta coinvolgere nei prossimi mesi grandi aziende del comparto, da Stellantis ad Abb a Leonardo. L'intenzione è avviare percorsi sperimentali. «Si potrebbe cominciare — spiegava giorni fa al Corriere della sera il segretario generale Fim Cisl, Roberto Benaglia — in pochi stabilimenti per capire la portata dell’intervento e le esigenze dei lavoratori, elaborando una formula su misura che tenga conto anche dei picchi di produzione delle imprese». Un'ipotesi è negoziare a livello aziendale una forma di lavoro fatta di 4 parti di attività piena e un quinto di riduzione d’orario.
Qualche esperimento di riorganizzazione del tempo in fabbrica, ad ogni modo, già c'è. Si pensi a Toyota o Ducati in Emilia. Più che di settimana corta si tratta però di una riduzione d’orario spalmata su 5-7 giorni. In Toyota con un accordo firmato l’anno scorso si è scesi da 37,5 a 35 ore. Come spiega Rita Querzé sul Corriere: «Il lavoratore mette a disposizione la pausa pranzo di mezz’ora retribuita e l’azienda un’altra mezz’ora retribuita e si scende così da 8 ore lavorate al giorno a 7. In Ducati è stato firmato un accordo che permette di scendere a 30-32,5 ore lavorate distribuendo però l’operatività 7 giorni su 7. Anche qui senza penalizzare la retribuzione». Sarà interessante vedere nei prossimi mesi cosa farà Luxottica. L'azienda all'avanguardia sui temi del lavoro sta infatti preparando il rinnovo del welfare integrativo aziendale. Che non può, ormai, più prescindere dalla nuova domanda di lavoro.