Meta, Twitter, Amazon. Perché le big tech licenziano in massa?
Secondo gli esperti è scoppiata la Tech Bubble, la bolla tech. Si spiegano così i 100 mila licenziamenti che si stano verificando nel settore delle piattaforme con nomi come Meta, Twitter e Amazon al centro di polemiche e articoli di giornale nelle ultime settimane.
L’amministratore delegato di Amazon, Andy Jassy, ha annunciato l’avvio di una campagna di licenziamenti nel 2023, che secondo fonti di stampa riguarderebbe 10 mila persone, pari all’1% della forza lavoro del colosso delle spedizioni, che conta oggi 1,5 milioni di dipendenti. Non va meglio in casa Meta, la holding di Facebook, per cui si parla di un taglio del 13% dei dipendenti ovvero 11 mila persone. Una decisione presa dopo anni di assunzioni e legata all’impennata dei costi. Oltre alla concorrenza sempre più agguerrita nel campo dei social e ai limiti imposti dai regolatori rispetto all’advertising digitale.
C'è poi il caso Twitter. Dall’arrivo di Elon Musk la piattaforma ha dimezzato la forza lavoro con il licenziamento di 3.700 dipendenti in pochi giorni. Quasi mille dipendenti, tra cui figure chiave per garantire il funzionamento della piattaforma, hanno poi deciso di dimettersi per non cedere all'ultimatum di Elon Musk che nei giorni scorsi aveva chiesto di scegliere tra un impegno "estremo" o il licenziamento. Da ultimo è arrivato anche l'appello dell'Onu al nuovo proprietario per il rispetto dei diritti umani. «Come tutte le aziende, Twitter deve comprendere i danni associati alla sua piattaforma e adottare misure per affrontarli. Il rispetto dei nostri diritti umani condivisi dovrebbe stabilire le barriere per l'uso e l'evoluzione del social», è stato il monito dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, che in una lettera aperta ha esortato il patron di Tesla «a garantire che il rispetto dei diritti umani sia centrale sul social network». In parallelo un gruppo di ex dipendenti di Twitter ha presentato una class action al tribunale di San Francisco contro l'azienda accusandola di non aver ricevuto il preavviso di 60 giorni stabilito dalla legge e di aver appreso del loro licenziamento solo quando hanno trovato i loro account bloccati. Le misure di riduzione dei costi e quindi del personale fanno parte della strategia di Musk per sganciarsi almeno in parte dal mercato pubblicitario, fonte della maggior parte delle entrate di Twitter. L'idea è infatti puntare sull'offerta di servizi premium agli utenti.