Salario minimo, chi è contro e chi è favorevole
Dopo l'accordo politico sulla direttiva Ue per il salario minimo, la questione della paga minima divide politica, sindacati e organizzazioni. Posto che la direttiva non sarà un provvedimento che impone all’Italia di adottare un valore espresso per ogni ora di lavoro, l'accordo ha riaperto comunque il dibattito nel Paese. L’Italia è infatti uno dei sei paesi dell’Unione europea – con Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia – a non prevederlo. Se venisse fissato un salario minimo di 9 euro lordi l’ora, come indicano diverse proposte di legge, avremo circa un 18,4% di lavoratori sotto questa soglia, considerando salario base più tredicesima. Un piccola fetta dei lavoratori dato che la maggior parte è coperta dai contratti collettivi nazionali (Ccnl). Anche per questo motivo l'eventuale introduzione di un minimo all'ora raccoglie consensi e critiche.
Ad esempio l'Ufficio studi della Cgia esprime parere favorevole al salario minimo legale a 9 euro lordi l'ora, purché, come riferimento, si consideri il Trattamento Economico Complessivo (Tec) e non la paga oraria. Il Tec, infatti, secondo gli Artigiani di Mestre, oltre alla retribuzione lorda include anche il rateo delle mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), del Trattamento di Fine Rapporto , della quota dovuta agli enti bilaterali e di altri istituti di fonte contrattuale, come la Riduzione dell'Orario di Lavoro, i permessi e le ferie. Contrario invece Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl che ha dichiarato che il salario minimo «secondo noi non è la risposta al lavoro povero. Il lavoro povero lo combattiamo e lo contrastiamo facendo lavorare di più giovani e donne, intrappolati in part-time involontario, in stage, in tirocini extracurriculari, nelle false partite iva, nelle coop spurie e nell'esperienza del praticantato. Il salario minimo rischia di essere la risposta sbagliata perché schiaccia verso il basso retribuzioni medio basse». Anche Confindustria è scettica e rispetto ai salari chiede piuttosto un intervento del governo sul cuneo fiscale.
Il ministro del lavoro Andrea Orlando ha recentemente parlato del salario minimo intendendolo come strumento per affrontare l’inflazione ed evitare di «far sprofondare la fascia di lavoro più povera, rinnovando i contratti e incidendo sui livelli più bassi degli stipendi». Il ministro Orlando punta alla modifica della contrattazione, in particolare rispetto al trattamento economico minimo (Tem) indicato nei principali contratti nazionali.