Crisi energetica, quali sono e dove sono le aziende più colpite
La crisi energetica sta mettendo a dura prova le aziende italiane tanto che in alcuni casi è a rischio la produzione. Secondo l’Istat, nel mese di marzo, la crescita dei prezzi dei beni energetici al consumo è passata da +45,9% di febbraio a +52,9% di marzo 2022.
Un’inflazione sull’energia mai vista che sta rendendo per molte imprese impossibile lavorare. Il Centro studi di Confindustria ha reso nota un sondaggio che ha coinvolto circa 2mila aziende, da cui emerge come il 16,4% ha già ridotto la produzione per l’aumento dei costi delle bollette e le difficoltà di approvvigionamento causate dalla guerra in Ucraina. Un altro 35,9% prevede poi una «piena tenuta della capacità di produzione fino a tre mesi».
L’impatto dei rincari però, va detto, è molto diverso da settore a settore. A pagare il prezzo più alto è la manifattura energivora. Il Centro Studi Tagliacarne per Il Sole 24 Ore ha fotografato i consumi di elettricità e gas nel 2019 dimostrando come per i primi 10 comparti per consumo di energia elettrica i costi siano saliti in modo esponenziale. Si va dalla metallurgia che consumava nel 2019 circa 22.300 Gigawatt orari, al tessile a 3.302.
La mappatura mette in luce anche quali sono le province dove i consumi erano più elevati nel pre-pandemia. Ad esempio, la provincia di Brescia è la più colpita considerando che in termini di consumi è prima sia per quanto riguarda la metallurgia che le apparecchiature elettriche, segue Bergamo per prodotti chimici, gomma e materie plastiche. Difficoltà anche per Parma che si colloca in cima ai distretti energivori dell’alimentare, mentre Lucca e Biella spiccano per i consumi dell’industria cartaria e tessile.