Riforma Its, il salto da fare per garantire i tecnici (giusti) alle aziende
Riflettori puntati sugli Its, gli Istituti Tecnici Superiori. Percorsi definiti dal premier Mario Draghi un «pilastro educativo» in riferimento al modello efficiente delle scuole tecniche della Francia e della Germania. I corsi di formazione biennali post diploma, secondo economisti e politici, potrebbero davvero aiutare a colmare il gap di tecnici richiesti dal mercato e dalle imprese. Tanto che sulla necessità di una loro riforma il dibattito è acceso. Secondo un’elaborazione di Confindustria su dati Excelsior- Unioncamere le imprese nel 2020 hanno ricercato e non trovato 110 mila profili tecnici legati all’area Stem. Mancano informatici, matematici, ingegneri meccanici e gestionali ma anche esperti It e addetti alla logistica.
Non a caso, secondo alcune analisi condotte dall’agenzia per il lavoro Manpower, i settori in cui il talent shortage, la carenza di profili adeguatamente formati, è più ampio sono proprio la logistica, la manifattura e l’It. In più nel nostro Paese tra i settori dove è sempre più difficile trovare i profili giusti spicca la meccanica, fondamentale per il comparto manifatturiero. Lo denuncia anche Federmeccanica: «Più della metà, il 56%, delle imprese ha difficoltà nel reperire i profili professionali necessari per lo svolgimento dell’attività aziendale».
La situazione in Italia
Nel nostro Paese di queste scuole di alta specializzazione ne abbiamo 109 ma contano ancora poco meno di 18.500 iscritti (contro i 400 mila francesi e il milione di tedeschi). Un problema se si pensa che questi percorsi, peraltro, garantiscono elevati livelli occupazionali: trova infatti lavoro oltre l’80% dei ragazzi. Gli Its - poiché nascono grazie al contributo delle aziende che disegnano i percorsi formativi - sono anche l’occasione per le imprese di partecipare alla formazione delle nuove generazioni. Il governo sta scommettendo molto sul potenziamento degli Its: non a caso nel Recovery Fund viene riservato un finanziamento di rilievo di 1,5 miliardi di euro. 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Draghi ha però sottolineato anche che occorre un cambio di passo: «Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che le risorse vengano sprecate». L'obiettivo quindi è sì moltiplicare gli iscritti superando entro il 2026 il tetto dei 50 mila diplomati Its ma anche garantire alti livelli di formazione. A vantaggio dei più giovani e delle aziende, grandi e piccole che siano.