Coronavirus, la gara della solidarietà: le aziende che hanno donato di più e che hanno riconvertito la produzione
Dalla fornitura di medicinali alle donazioni a favore della protezione Civile e degli ospedali. Le aziende italiane si sono mobilitate per dare un aiuto concreto al sistema sanitario in emergenza per via di Covid-19. C’è chi ha donato milioni e chi ha regalato mascherine e respiratori. In pochi giorni, come monitorato dalla piattaforma Connexia, sono stati raccolti oltre 530 milioni di euro da oltre 170 aziende.
Tra i più generosi i Ferrero che, attraverso Ferrero Italia, hanno deciso di donare 10 milioni di euro alla struttura commissariale nazionale di emergenza presieduta da Domenico Arcuri. Cifra regalata anche da Moncler per avviare il progetto dell’ospedale d’emergenza all'interno della ex Fiera di Milano. Il gruppo Lavazza è intervenuto invece sul proprio territorio stanziando 10 milioni di euro per il sostegno a sanità, scuola e fasce deboli della Regione Piemonte. Un milione e 250 mila euro invece la cifra devoluta dal gruppo Armani agli ospedali Luigi Sacco, San Raffaele e Istituto dei Tumori di Milano, Spallanzani di Roma. L’azienda si è anche impegnata a destinare fondi all’Humanitas University per sostenere uno studio sulle risposte del sistema immunitario al coronavirus coordinato dall’immunologo Alberto Mantovani. Anche la grande distribuzione ha fatto la sua parte. Mentre Eataly ha deciso di donare una percentuale degli scontrini emessi alla ricerca, alcune catene della grande distribuzione hanno scelto di donare anche somme di denaro. Conad ha donato 3 milioni, Esselunga 2 milioni e mezzo di euro divisi tra sei ospedali e Eurospin 100 mila euro. Importanti anche le donazioni degli ultimi giorni arrivate dai grandi gruppi farmaceutici. Come reso noto da Farmindustria, sono 49 le aziende che hanno risposto alla chiamata per un totale di 21,8 milioni donati.
Non solo donazioni
Non esistono però solo le donazioni. Molte imprese piccole, medie e grandi si sono messe in gioco e stanno partecipando alla gara di solidarietà riconvertendo le proprie attività. È il caso delle aziende tessili, le prime a invertire la rotta per far fronte all’emergenza. Un esempio tra i tanti è il gruppo piemontese Miroglio che ha deciso di mettere da parte l’alta moda per dedicarsi alla produzione delle introvabili mascherine. Per raggiungere l'obiettivo di 80 mila mascherine cucite al giorno in fabbrica lavorano a pieno regime 500 lavoratori.
Ci sono anche casi singolari: come quello di Politec, impresa brianzola che fino a pochi giorni fa progettava sistemi antintrusione a raggi infrarossi e che oggi produce dispositivi respiratori destinati ai pazienti Covid19. Tra le storie di riconversione non mancano poi i nomi celebri. Prada, ad esempio, dal 18 marzo ha avviato la produzione di 80 mila camici e 110 mila mascherine da destinare al personale sanitario della regione Toscana. Lo stesso ha fatto il gruppo tessile veronese Calzedonia che ha riconvertito alcuni dei propri stabilimenti per garantire il fabbisogno di mascherine e camici nei reparti degli ospedali. In breve, sia che si tratti di donazioni dirette che di riconversione della produzione il filo rosso che lega tutte queste iniziative è la voglia di reagire. A riprova della tempra solida del mondo imprenditoriale italiano.