Coronavirus, logistica in crisi: big data e supply chain agile per limitare i danni
Fabbriche in difficoltà, magazzini nel caos e lavoratori preoccupati. L’epidemia da coronavirus oltre ad aver causato la peggior crisi sanitaria dal Dopoguerra ha avuto come effetto il rallentamento dell’economia italiana. In alcuni casi addirittura si è arrivati allo stop di migliaia di attività logistiche e produttive con danni miliardari sia per il comparto privato che pubblico. In Confetra, la Confederazione della logistica e dei trasporti - settore da 1 milione di lavoratori e 85 miliardi di euro di fatturato l’anno - si stima un danno di 17 miliardi di euro e circa 200mila posti di lavoro a rischio.
Poste le criticità oggettive e pur considerando gli aiuti varati dal governo per sostenere le imprese (ultimo il decreto Cura Italia da 25 miliardi), l’emergenza può però diventare l’occasione per le aziende per ripensare il proprio modello di supply chain messo alla prova duramente in questi giorni. Gli interventi da effettuare sono diversi: si va dallo sviluppo di una maggiore sensibilità al risk management fino alla comprensione dei fenomeni critici dispersi lungo le filiere.
Per garantire la “business continuity” le imprese del settore logistico possono concentrarsi in primo luogo sull’organizzazione di una supply chain agile e resiliente, in grado di reagire rapidamente agli scossoni esterni. Come? Sfruttando la tecnologia. La strategia è monitorare ogni processo attraverso una supply chain control tower capace di raccogliere dati dal campo in tempo reale. Informazioni che vanno poi analizzate e utilizzate per prospettare scenari alternativi. In breve, conoscere ogni fase nel dettaglio per prendere decisioni sia sul breve che sul medio periodo. L’esempio potrebbe essere quello di attivare fornitori alternativi, modificando un piano di produzione, spostando attività produttive da un impianto all’altro o creando buffer di stock.
Fondamentale poi potenziare il supply chain risk management. Serve velocità e precisione per classificare e gestire i principali rischi, basata su analitiche avanzate e pianificazioni di scenario. Va valutata in primo luogo l’ampiezza del loro impatto sul business e deve diventare la normalità lavorare per minimizzare di volta in volta i danni. Per esempio, aumentando o riducendo la quota di fornitori locali. I cosiddetti eventi di rischio vanno poi catalogati in un database utilizzato nella pratica come un ‘archivio delle soluzioni’. In questo modo è possibile avere in memoria le strategie utilizzate e trarne reale valore competitivo. In breve, a salvare la logistica potrebbero essere la resilienza della Supply Chain e i Big Data.