Dall’AI all’aging, tutte le sfide del settore Hr
La trasformazione digitale sta avendo un effetto dirompente sull’universo Hr. Dai chatbot agli assistenti digitali fino alla gestione delle diverse generazioni in azienda, il mestiere di chi si occupa del personale è in evoluzione. Se da una parte le imprese sono alla ricerca di figure nuove per fronteggiare la digital disruption è anche vero che servono specialisti in grado non solo di selezionare talenti ma di lavorare su quei profili che vanno riqualificati e rafforzati in termini di competenze tecnologiche. Ecco perché è sempre più strategico per le organizzazioni appoggiarsi a responsabili Hr in grado di rispondere alle sfide contemporanee e future.
Gli strumenti Hi tech
Una prima conseguenza della rivoluzione digitale è la rapida evoluzione degli strumenti professionali a disposizione di chi sceglie i candidati da assumere in azienda. Si moltiplicano infatti i tool per la selezione del personale: dai chatbot al live-broadcast, dai webinar al digital assessment. Tanto che il recruiter deve rimanere sempre aggiornato sui trend del settore. Basta pensare che secondo l’Ultimo report della Hr Federation il venture capital globale relativo all’innovazione nel settore delle risorse umane ha toccato i 3,1 miliardi di dollari. E il motivo è semplice: la tecnologia agevola e semplifica il lavoro del recruiter perché consente un accesso agevolato alle informazioni. Oltre ai social network che hanno cambiato le modalità di interazione tra aziende e candidati, sono sempre più strategici i Big data e Analytics. Strumenti che permettono già oggi di acquisire maggior consapevolezza circa il target dei candidati di riferimento. Attraverso le analisi predittive, il processo di selezione sta diventando infatti sempre più mirato e personalizzato. La tecnologia permette poi di ridurre l’attività amministrativa che nei prossimi anni sarà sempre più automatizzata. Il recruiter del futuro sarà quindi più un advisor per il business in grado di aiutare gli imprenditori ad orientarsi rispetto ai trend del mercato del lavoro.
La questione dell’aging
Oltre al saper utilizzare i nuovi strumenti hi tech, l’Hr manager di domani dovrà porsi il problema della riqualificazione professionale e dell’aging. Nel primo caso si tratta di intervenire tempestivamente sulla formazione e sulle competenze del personale aziendale. Il che significa insegnare a generazioni diverse quali sono i nuovi strumenti di lavoro. Un esempio possono essere i corsi di formazione in azienda per utilizzare macchinari 4.0 o nel caso dell’amministrazione spiegare come si usa un software o un sistema gestionale innovativo.
L’aging invece riguarda l’invecchiamento dei lavoratori e l’Italia è uno dei paesi europei più colpiti dal fenomeno. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) prevede che nel Vecchio Continente entro il 2020 un lavoratore su cinque avrà più di 55 anni. Per le organizzazioni è quindi fondamentale prepararsi e sviluppare percorsi formativi per un impiego efficiente delle risorse che hanno superato la soglia dei 50 anni. Anche perché, al netto di un calo delle energie, il progredire dell’anzianità porta sul piano della performance lavorativa non solo un bagaglio di esperienze significative ma anche un sostanziale miglioramento delle competenze sociali e di relazione. Occorre quindi un’attenta gestione delle questioni relative all’impiego protratto degli over 50 in ambito organizzativo. Le strategie adottate dalla maggior parte delle aziende si focalizzano oggi su alcuni punti essenziali. Tra questi troviamo le azioni preventive per evitare la deprofessionalizzazione dei senior. A cui si aggiungono le analisi per approfondire il rapporto tra dipendenti con fasce di età diverse e gli interventi per un efficace age management. Nello specifico, una delle strategie vincenti è assegnare al lavoratore con esperienza il ruolo di mentore rispetto a una risorsa junior. Favorendo così una «contaminazione di competenze» tra generazioni diverse. I padri che insegnano ai figli e viceversa.